Pensieri circolari

se i pensieri vanno dritti spesso sbagliano mira

15/03/10

This blog has moved


Questo blog è ora collocato all'indirizzo http://pensiericircolari.blogspot.com/.
verrai automaticamente ridiretto entro 1 secondo, o puoi fare click qui.

Per i sottoscrittori di feed, per favore aggiornate le vostrie sottoscrizioni feed a
http://pensiericircolari.blogspot.com/feeds/posts/default.

16/02/10

Oltre i cortei e le elezioni

Qualcuno pensa ancora che la degenerazione dell'Italia attualmente in corso possa essere fermata con cortei e elezioni.
Alla fine dell'ottocento i lavoratori, gli sfruttati di allora, hanno cominciato a capire che serviva un lavoro più profondo, di formazione e organizzazione, di diffusione delle conoscenze e delle basi etiche. Bisogna riprendere da allora ma evitando le derive ideologiche pur vaccinandosi dall'invadenza dei profittatori. Un lavoro lungo, di generazioni.
In questa maniera sono riusciti a mettere in discussione il privilegio dei ricchi su tutti gli altri. Ma con gli anni i ricchi hanno capito che dovevano organizzarsi per riprendere il predominio. Dopo un po' di tentativi mal riusciti (golpe Borghese) e di contraccolpi sfruttati al meglio (terrorismo) hanno sostenuto la Lega e Berlusconi, fatto la P2 e tutto il resto. Adesso tocca agli sfruttati riequilibrare le cose se non vogliono rimanere schiacciati per decenni

Etichette: , , , , , , , , ,

15/02/10

Babe e la TV

LA TELEVISIONE E LA NONVIOLENZA

Mi è capitata quasi casualmente di fare gratuitamente uno spot che acquistato sarebbe costato circa un milione di euro a favore della nonviolenza.
Stimolato dai miei figli che spesso guardano un quiz alla TV con il quale a volte mi diverto con loro a rispondere, mi sono candidato per partecipare al quiz.
Dopo un certo numero di selezioni, è arrivata la registrazione della puntata.
Al momento in cui sono stato eliminato (verso la fine) ho chiesto di fare i canonici saluti.
Ho salutato i miei bambini e poi ho ricordato "tutti i bambini che per la follia degli adulti rischiano di morire nella guerra che si sta preparando" e ho poi invitato "tutti coloro che non sono d'accordo perché venga fatta questa guerra ad appendere ai propri balconi delle bandiere con su scritto PACE" e intanto ho srotolato la bandiera arcobaleno con su scritto PACE che mi ero portato dietro e l'ho appesa davanti alla mia postazione intanto che il regista allargava il campo per riprendere me e la bandiera. In quel momento nello studio si è levata una ovazione con tutto il pubblico che applaudiva e urlava "bravo", i tecnici che venivano a stringermi la mano e le balerine che mi davano delle pacche sulla spalla. A quel punto mi sono allontanato salutando.

La trasmissione della puntata è andata in onda su RAI 1 subito prima del TG della sera dalle 18:45 alle 20 venerdì 17/1/03, il giorno prima della manifestazione internazionale per la pace e contro la guerra.

Il mio "saluto" non è stato tagliato, anzi è stato montato in maniera da farmi risultare ancora più accattivante, dando l'occasione al regista e ai tecnici di esprimere il loro dissenso alla guerra, e probabilmente ha invogliato molte persone a cercare una bandiera da appendere (l'audience della trasmissione che tutte le volte viene ripetuto è di 7 milioni di persone che in genere non sono molto politicizzate). Dopo quella data il numero di bandiere della pace appese ai balconi è letteralmente esploso.
Ho pensato che fosse una buona occasione per parlare far emergere il dissenso alla guerra e far conoscere l'iniziativa delle bandiere di pace che era stata lanciata da un gruppo di associazioni.

Spesso i media ci usano e noi non riusciamo ad usare loro. In questo caso io mi sono fatto usare per poterli in qualche modo usare. Concordo sul fatto che il modello comunicativo televisivo dovrebbe essere pesantemente contestato (senza escludere il fatto che quasi sempre quando il "movimento dei movimenti" prova a comunicare si adegua pedissequamente a tale modello). Ma d'altra parte bisognerebbe anche evitare di essere troppo ingenui. Per esempio quando a volte viene proposto il boicottaggio della TV cosa si pensa di fare? Chi dovrebbe fare questo boicottaggio? Gli impegnati e i coinvolti, quelli che leggono le nostre mailing list o i "nostri" giornali spesso lo fanno già o perché tra riunioni e incontri ben raramente hanno il tempo di guardare la TV o perché in quelle rare occasioni, se non si sceglie di leggere posta elettronica o libri, viene fatta una selezione dei programmi, per cui il boicottaggio significherebbe levare audience a quei programmi che sono più interessanti e che rappresentano quella parte di TV che è come dovrebbe essere tutto il resto. Tutti gli altri, il "popolo bruto", non vengono neppure a sapere del boicottaggio e poi, se anche venissero a saperlo, penserebbero subito che intanto nessuno se ne accorgerebbe, che in fondo hanno anche loro il diritto di rilassarsi un po' la sera o cose del genere.
A ciò si aggiunga che il boicottaggio dovrebbe essere rilevato con sistemi come l'auditel che si basa su un campione ben selezionato di persone non scelte casualmente (quanti ne conoscete delle migliaia di italiani con
l'auditel?) solo tra gli assidui teleutenti, per di più con uno strumento che può dare valori significativi tali da giustificare la selezione del teleutente solo se manovrato da qualcuno veramente convinto dell'importanza del suo ruolo di teleutente campione, che ovviamente ben difficilemente può essere impersonato da un contestatore del sistema. Potete immaginarvi quanto l'auditel sarebbe influenzato da un boicottaggio così concepito. Praticamente il boicottaggio lo farebbero solo quelli che già non vedono la TV e/o non vengono rilevati dall'auditel (anche perché in tal caso gli verrebbe levato il meccanismo) per cui non se ne  accorgerebbe" nessuno.
Quando si intraprende una iniziativa bisognerebbe non solo valutare ciò che noi vorremmo avvenisse (magari immaginando che il resto del mondo sia come noi) ma soprattutto valutare ciò che si ottiene considerando che spesso il mondo è ben diverso da noi.
La parabola evangelica che invita ad essere "come agnelli in mezzo ai lupi" non chiede di diventare lupi feroci, ma neppure di agire come se si fosse nel bel mezzo di un gregge di pecore. Spesso invece si agisce affermando che tutti gli altri sono lupi aspettandosi poi da loro delle azioni da pecore. Bisognerebbe invece saper distinguere i lupi dalle pecore ma anche le pecore dai cani da pastore che in fondo tanto cattivi non sono ma che seguono ordinatamente ciò che il padrone gli dice ma ancora meglio ciò che si aspettando di sentire dal padrone che hanno dentro di loro. E parlare ad ognuno a seconda delle loro possibilità di comprensione e del loro linguaggio.
E tanto per citare una opera realizzata da chi ha potere ma che, se utilizzata correttamente, può essere molto utile anche per chi potere non ne ha, trovo molto interessante vedere nel film "Babe il maialino" cosa fa l'eroe suino (pur considerando che anche lui alla fine esegue quello che gli dice il "padrone" non molto diversamente da quello che in fondo facciamo tutti noi).
Per riuscire a parlare con pecore e cani adatta il suo linguaggio ma alla fine riesce ad ottenere quello che cerca.

Etichette: , , , , ,

23/10/09

Per mettersi in mezzo (18)

1/8/09
Oggi c'è il Festival della Resistenza Nonviolenta. Inframezzato dalle “dabke” fatte dai bambini del villaggio si susseguono alcuni interventi delle associazioni e dei gruppi che collaborano con il villaggio nelle iniziative. Era bello sentire un attivista di Ta-ayush parlare in israeliano con la traduzione in arabo. Le ragazzine facevano delle litanie alternate. Alla fine viene rappresentata una scenetta dove alcuni pastori vengono aggrediti dai coloni e i soldati dell'esercito invece di proteggere i pastori aggrediti li vessavano ulteriormente e una scenetta in cui, se non ho capito male, si parlava di un matrimonio finito male.
Tornando alla casa mi dicono che la ruspa che stamattina mi ha nuovamente svegliato martellando l'ennesimo buco è stata fermata dalla DCO, l'autorità israeliana che controlla gli aspetti civili dell'occupazione. Mi dicono che ci sono due americani che controllano quello che sta succedendo. Vado a vedere anche io, visto che è anche vicino. La ruspa sta ancora scavando, c'è un humvee e una jeep fermi lungo la strada, dei soldati che parlano con i palestinesi. Sembra si stiano mettendo d'accordo. Mi avvicino ad uno dei due graduati, mentre l'altro sta telefonando.
Gli chiedo cosa sta succedendo. Mi chiede da dove vengo, dico Italia, mi chiede il passaporto, glielo do. Mi dice che hanno dato ordine di interrompere i lavori. Gli chiedo cosa succede se non smettono di lavorare. Quello che ha finito di telefonare mi dice che gli ha concesso di spostare le rocce che ostruivano l'entrata di casa “dove ci sono donne e bambini” ma poi smettono. Chissà cosa avrebbero fatto se fossero stati tutti maschi adulti. Mi chiede come mai sono lì e gli spiego che sono in visita e che sono venuto per cercare di capire le ragioni di questo conflitto. Intanto che sto chiacchierando con loro arriva una delle due americane che erano a debita distanza a guardare e mi chiede sussurrando se ho il passaporto. Le dico di si. Poi mi suggerisce di stare più lontano dai militari. Loro di solito non ci parlano, al massimo si limitano a urlargli dietro. Le dico di non preoccuparsi.
Dopo un po' la ruspa finisce di spostare i pietroni. Chiedo ai militari se gli rilasceranno un foglio che gli ordina di interrompere i lavori. Il primo di indica il secondo come a dire lo fa lui. Alla fine però non vedo girare nessun foglio. Dubito che ne abbiano consegnato uno ma questo significa che non sarà possibile neppure fare un ricorso per via amministrativa. Come per la linea della corrente elettrica.
Nel pomeriggio dopo lungo temporeggiare partiamo per Gerusalemme. Fabio ci accompagna a vedere Hebron e la sua colonia di ebrei.
Nel centro storico della città, che è completamente araba da secoli, dato che è presente il luogo che si ritiene sia la tomba di Abramo si sono andati ad installare dei fondamentalisti ebrei che hanno occupato in alcune situazioni il piano superiore della case creando non pochi problemi ai negozi sottostanti che in parte hanno chiuso e altri invece hanno dovuto mettere delle reti per cercare di bloccare il lancio di oggetti dall'alto. Una via della città vecchia che un tempo era vivacissima e congiungeva due lati della città adesso è bloccata da dei containers perché è stata occupata dai coloni. Ci addentriamo e arriviamo ad un check point che porta all'edificio che racchiude la tomba dei patriarchi. Prima l'edificio era una moschea ma adesso è stato diviso in due, metà moschea e metà sinagoga. Ci mancherebbe che anche i cattolici rivendicassero Abramo come proprio capostipite e pretendessero una fetta anche per loro. Anche se, per altro, almeno i cristiani non escludono i credenti in altre religioni dai loro luoghi di culto per cui un cristiano non può andare a visitare le tombe dei patriarchi a meno che non si finga ebreo o mussulmano.
Ripartiamo da Hebron e quando arriviamo a Betlemme avviene una piccola tragedia. Nella foga del cambio di bus mi cade il cellulare ma me ne accorgo solo quando sono già in viaggio per Gerusalemme. Non sembra ma in certe situazioni un evento che da sicuramente fastidio perché non è solo una questione di soldi ma di informazioni importanti o che si ritengono preziose perse, può diventare molto più grave. Intanto che Gerusalemme si avvicina mi vengono in mente tutti i problemi che la perdita comporta anche nei giorni successivi. Quando arriviamo a casa sono veramente sconfortato e non mi tira su il pollo fritto e patatine che andiamo a prendere in centro.

Etichette: , ,

Per mettersi in mezzo (17)

31/7/09
Durante la notte l'aria si rinfresca parecchio e sale una forte umidità tanto che all'alba intravedo nel dormiveglia il sole dietro delle nuvole con tutte le gradazioni dell'arcobaleno. Mi godo l'immagine e mi giro dall'altra parte.
Quando sentirò un martello pneumatico mi verrà in mente la Palestina. Anche stamattina che teoricamente non avrei nessun compito e potrei dormire sono stato svegliato dal martellare del martello pneumatico di una ruspa che da quando sono qui sta crivellando il villaggio di voragini. Dubito che siano tutti lavori autorizzati, anche perché non so se da queste parti serve una autorizzazione per bucare o costruire all'interno dei piani di espansione, ma non sono neppure sicuro che siano tutti dentro i confini del piano di sviluppo del villaggio. Uno dei buchi infatti è stato fatto di lato alle macerie di una delle case che in passato sono state demolite dagli israeliani perché fuori dei confini. Non che i palestinesi si siano demoralizzati, lo hanno ricostruito in muratura a forma di tenda e lo hanno ricoperto con una tenda vera. Comunque da mattina a sera per il villaggio si sente un martellare assordante e costante.
A metà mattinata gli altri del gruppo, non avendo niente fa fare dato che il summer camp è ormai finito, decidono di fare una passeggiata fino al villaggio a fianco dell'altra colonia. Mi chiedono se vado ma non ho voglia di farmi due camminate di un'ora sotto il sole, soprattutto al ritorno, per tornare dove ero andato a controllare lo scavo delle latrine (altra giornata di martello pneumatico). Così resto alla casa con gli americani che non sono andati a Tuba a dormire, Mi viene voglia di andare all'albero sopra il villaggio a leggere un libro e quando sto per partire noto una strana agitazione tra gli americani. Diana è impegnata in una telefonata abbastanza concitata e alla fine le chiedo cosa sta succedendo. Mi dice che i militari e la polizia hanno fermato il gruppo di americani che erano a Tuba e stavano accompagnando dei pastori al pascolo, gli hanno ritirato le carte di identità e li minacciano di arresto. Mi dice anche che gli altri del gruppo che stavano transitando per andare all'altro villaggio, che sono arrivati nel frattempo, sono stati avvertiti di cosa stava succedendo e si sono defilati osservando da lontano. Chiamo la Fede e mi dice che sono fermi al sole ad aspettare di vedere cosa succede.
Non potendo fare niente per il momento dico a Diana che sono all'albero e di chiamarmi se posso essere utile.
All'alberone sopra il villaggio l'aria è fresca e il vento tira allegro. Il panorama è molto bello. Una cosa meravigliosa di questi posti è che vedi ovunque. Anche oggi, dopo che l'umidità della notte si è dileguata, dalla collinetta su cui è l'albero si vedono i villaggi e le cittadine a chilometri e chilometri di distanza, si vedono i trattori che vengono e vanno, le persone che camminano lungo le strade come in un presepe immenso. E qui proprio di presepe si può parlare.
Dopo un'oretta chiamo Fede per sapere che ne è di loro. Mi aveva detto che mi avrebbe aggiornato ma non ho ricevuto nessuna notizia. Mi dice che sono ancora piantati sotto il sole ad osservare quello che sta succedendo agli americani. Mi sento un po' in colpa di stare al fresco sotto l'albero, stamattina mi è andata bene ad essere stato un po' pigro.
Dopo un'altra ora, quando sto per richiamare ricevo  un messaggio di Fede che mi dice che sono tornati a casa. Alla fine la polizia ha restituito i documenti a tutti ed ha portato alla stazione di polizia il pastore per fornire chiarimenti sulle cosa che ha chiesto, almeno così dice la polizia. Mi viene il dubbio che questa volta la presenza di tutti quegli internazionali, metà della delegazione americana, assieme al pastore sia servita più ad attrarre i militari che a dissuaderli dall'intervenire. In compenso i membri della delegazione sembrano provati dall'esperienza. Verrebbe da pensare che la cosa sia stata organizzata come simulazione di una situazione di conflitto per il loro training.
Nel pomeriggio andiamo tutti all'albero anche con il responsabile di tutti i progetti appena arrivato dall'Italia in vista della riunione del 2 con gli americani che, appena arrivato all'albero, chiede ai volontari permanenti di appartarsi con lui per una riunione. Noi restiamo a chiacchierare e prendere il fresco che ormai tanto fresco più non è. Dopo un'oretta tornano dall'albero e questa volta ci chiedono di andarcene perché hanno appuntamento lì con il “capo villaggio” per parlare con lui del futuro della permanenza degli italiani. Mi sento infastidito. Alla partenza mi era stato esplicitato, senza che neppure lo chiedessi, che qui non ci sarebbe stata distinzione a seconda della durata della propria permanenza come volontari, tanto che avevo pensato che, proprio perché novellino della situazione, mi sarei impegnato ad ascoltare prima di dire la mia come spesso faccio. Eppure qui in molte situazioni noto che i volontari di periodo più lungo si aspettano un certa subordinazione da parte di quelli di più breve periodo, per esempio riguardo al cosa fare nelle situazioni di emergenza, anche se esplicitamente la cosa viene costantemente smentita. Penso che possano esserci ottime ragioni per dare più importanza alle posizioni di chi ha maggiore esperienza in loco, ma penso sia più corretto riconoscere la cosa invece che affermare in teoria il contrario.
Prima di cena chiedo a Ele, che cura il calendario, che turni farò nei prossimi giorni, anche per potermi organizzare eventuali visite quando sono a Gerusalemme. Lei mi risponde che domani tornerò con quelli del summer camp. Quando le faccio presente che non le avevo chiesto cosa facevo “il prossimo giorno” ma “i prossimi giorni” mi dice che non sa ancora dirmi e la cosa mi indispettisce non poco visto che è da una settimana che le ho spiegato anche il motivo per cui vorrei poter sapere con un po' di anticipo quali turni farò.
Alla sera, dopo cena, Fabio mi chiede di fare due passi con lui. Viene anche Ele. Chiacchieriamo del più e del meno nel buio subito fuori dal paese. Il paesaggio è veramente bello, con le luci di tutti i villaggi in lontananza, e per caso ci sediamo di fianco ad una pianta che ha un profumo intenso e molto buono. Ad un certo punto il discorso arriva ai turni e mi chiedono se io pensavo ancora di tornare al villaggio nei prossimi giorni. Un po' mi stupisco e dico che se ho dato la disponibilità per un certo periodo non mi sembrerebbe neppure corretto cambiarla a metà e comunque non avrei motivo di non voler venire ancora al villaggio. Allora mi chiedono come sono state queste due settimane per me. Gli spiego che ci sto ancora riflettendo, che sto osservando e vivendo le cose per poi rifletterci anche in seguito. Mi dicono che sono molto interessati alle mie osservazioni, che ci tengono perché pensano siano molto utili per permettergli di rivedere la loro esperienza in confronto ad altri approcci. In fondo io Fabio e Ele ci siamo conosciuti in occasioni di formazione sui temi della gestione dei conflitti in aree di crisi ma non abbiamo avuto mai molta possibilità di scambio di idee e di confronto.
Io gli prometto che finito il periodo condividerò con loro le mie riflessioni ma che mi sembra meglio adesso vivere l'esperienza senza che le mie valutazioni vadano ad interferire con la vita del gruppo. Così me ne torno alla casa nel silenzio della notte con il vento che mi accarezza sentendo che da parte loro c'è una stima profonda come io ho per loro.

Etichette: , ,

Per mettersi in mezzo (16)

30/7/09
Stamattina grande novità. Ieri sera nella divisione dei compiti Fede ricorda il suo problema al ginocchio per cui non può camminare, ma gli americani sono solo tre e serve una persona per formare una seconda coppia. Così mi propongono di fare coppia con Jes. Ci scherziamo sopra al telefono con Fabio perché lui ha avuto problemi in passato per un sms che finiva con “kisses” per cui gli era stato richiesto di non fare avances. La sera dimenticando il pericolo dovuto al fatto che, come mi avevano detto, lei riteneva sessista che un uomo si offrisse per aiutare una donna, mi ero offerto per aiutarla a lavare i piatti, ed alla fine avevamo anche fatto quattro chiacchiere. Visto lo stato delle relazioni tra i due gruppi mi sembrava già un fatto socialmente rilevante. Che adesso mi proponesse anche di fare coppia con lei quasi mi stupiva. Devo confessare che Jes è la classica ragazza insignificante e non attraente, ma avere la possibilità di interagire con le persone con cui si abita con le quali fino ad ora c'è stata meno della comunicazione indispensabile non mi dispiaceva. Poco dopo però viene fuori che Diana le ha chiesto di fare coppia con lei per fantomatiche necessità legate all'arrivo il giorno dopo di una delegazione, e così vengo accoppiato con Sam, quello che mi aveva sgridato per il mio torso nudo in casa.. Così stamattina l'ho dovuto svegliare alle 6 e mezza, poco prima di partire, perché ha spento per tre volte la sveglia senza alzarsi. Una piccola rivincita.
Lungo la strada riesco ad estorcergli alcune parole, da dove viene, cosa faceva prima di venire qui e poco altro. Tra le varie cose però scopro che non sa dell'esistenza di Genova. Questa è una cosa che mi sta stupendo. Capisco che israeliani e palestinesi non sappiano che esista Genova, per quanto mi viene da addebitare ciò più ad ignoranza dei soggetti che altro, ma quando scopro che sia Jes che Sam non hanno mai sentito parlare di Genova nonostante siano americani da Columbus Day rimango veramente stupito.
Arrivati sulla collina per controllare il passaggio dei bambini, Sam si mette ad ascoltare una radiolina portatile. Dalla BBC vengo a sapere che in Uganda ci sono stati 600 morti e in Sudafrica incidenti sociali. Chissà cosa se ne verrà a sapere in Italia. Finito il radiogiornale in inglese Sam mi fa sentire un “delizioso” recital di una cantante libanese che va per la maggiore, come tiene a precisarmi. Penso che Sam potrebbe benissimo fare il pastore, ne ha lo spirito. Intanto che aspettiamo arrivano da un'altra parte 6 bambini ed un asino che stanno andando al summer camp. Alle 7 del mattino hanno già accompagnato il padre con le pecore per un pezzo e poi hanno continuato per il villaggio. Hanno già fatto mezz'ora di cammino e adesso ne faranno un'altra. Mi domando cosa mi direbbero i miei figli se gli suggerissi una cosa simile. Ci dicono che il padre dovrebbe arrivare tra non molto con il gregge e così rimaniamo anche se nel frattempo i bambini di Tuba sono passati dai capannoni delle galline. Dopo un po' però Sam telefona al pastore, visto che non lo vediamo arrivare, e lui lo rassicura, chiedendogli di rimanere a controllare che non arrivino coloni dalla strada, ma scusandosi perché le pecore sonio stanche e non hanno voglia di arrivare fino da noi. Un po' come quando in ufficio c'è la connessione lenta, sono gli incerti del mestiere.
Tornati al villaggio vado alla scuola dove è previsto lo spettacolo di fine summer camp. Luca e Giuse vestiti da pagliacci fanno giocolerie mentre Ila e Fede fanno pupazzi con i palloncini rubando la scena ai clown. Ancora una volta vedo messa in pratica la “pedagogia del tubo”. Gli animatori arabi del summer camp girano muniti di un tubo nero di gomma abbastanza spessa di quelli che i pastori usano per controllare le pecore e gli asini. Quando qualche bambino è fuori posto lo “accompagnano” con il loro tubo e se non si muove abbastanza in fretta l'accompagnamento è un po' più convincente. Nei giorni scorsi, poi, ho visto il capo degli animatori, un ragazzo che viene da una cittadina vicina, inseguire alcuni bambini che avevano combinato qualcosa e quando ne ha preso uno gli ha stretto il braccio e con il tubo gli ha mollato tre solide nerbate sulla mano. Chissà cosa ne penserebbe don Milani di questi metodi educativi?
Nel pomeriggio è arrivata la delegazione di americani, un po' simile a quella di italiani passata nei giorni scorsi. Questi in effetti stanno facendo una specie di training in vista di un loro futuro utilizzo in contesti analoghi. Così in questi giorni i servizi li faranno loro e noi domani abbiamo un giorno libero.
Alla sera mi lancio. Sono un po' stufo di mangiare ogni sera pasta con le melanzane e insalata di pomodori, cetrioli e peperoni. Così mi offro e faccio il “pesce finto”, patate bollite schiacciate e mischiate ad una scatoletta di tonno, ricoperte con uno strato di maionese fatta a mano e guarnito a forma di pesce con olive verdi. Peccato che quando ho versato il tonno nelle patate è spuntato in mezzo al tonno un peperoncino rosso confezionato nella scatola. Fortunatamente le patate erano abbastanza da contrastare il piccante.

Etichette: ,

Per mettersi in mezzo (15)

29/7/09
Ieri sera non c'era molto vento e l'aria era abbastanza  irrespirabile. Alla sera l'aria si riempie del fumo della spazzatura a cui viene dato fuoco, verrebbe voglia di uscire nel fresco dopo il caldo giorno per dare delle belle boccate di aria fresca e invece c'è da tapparsi il naso per la puzza. In genere la gestione dei rifiuti lascia a desiderare. Ieri mattina hanno distribuito ai bambini del summer camp del succo d'uva in confezioni di plastica che sono finite sparpagliate per terra lungo la strada assieme ai relativi cartoni. Quelle che sono state raccolte sono state bruciate la sera nei carrelli/cassonetti distribuiti per il paese. Mi domando cosa sia peggio. Il problema è che un simile sistema di smaltimento è corretto con i materiali propri di questi  posti, ma l'inserimento di materiali provenienti dalla colonizzazione culturale rende dannosi i metodi di smaltimento. Se quando l'occidente colonizza il mondo avesse almeno cura di colonizzarlo “a ciclo completo” eviterebbe gli scempi che distruggono l'ambiente degli altri paesi molto più che quelli dell'occidente. Ma la colonizzazione a ciclo completo richiederebbe di comprendere anche i costi accessori che renderebbero meno vantaggiosa la colonizzazione, facendo lievitare quei costi di cui spesso graviamo il resto del mondo perfino per i consumi nostri.
Stamattina alle quattro ho sentito il “muezzin” recitare le preghiere coll'altoparlante della moschea. Penso che abbia anche lui un piccolo generatore portatile. In effetti non ho ancora capito chi sia che parla dalla moschea, iniziando col rituale “Allah akbar”, e non sono neppure sicuro che non sia una registrazione, ma ogni tanto anche di notte vengo svegliato dalle sue invocazioni.
Continua la sequenza di albe che mi accolgono nel nuovo giorno. Stanotte mi sonio messo anche delle calze sulle mani, in modo che restasse scoperta solo la faccia, contando sul suo caratteristico materiale bronzeo. Direi che è stato utile, anche se i pappataci sono riusciti a trovare alcuni varchi tra i vestiti in cui insinuarsi riacutizzando la sensibilità delle bolle.
Con Fra siamo andati sulla collina di fronte ai capannoni delle galline. Se avessimo continuato in direzione di Tuba ci saremmo trovati faccia a faccia con due macchine di coloni che alle sei e mezza del mattino se ne andavano, accompagnati dai bambini, a fare chissà cosa per le colline rocciose deserte. Dalla collina li abbiamo spiati col binocolo e non eravamo gli unici. Poco lontano da loro c'erano anche un gruppo di tre gazzelline che brucavano un po' in tensione, girandosi ogni tanto nella loro direzione per controllare che non si avvicinassero. Non è una bella vita sentirsi braccati per la sola presenza di una persona nei dintorni. Più passa il tempo e più mi chiedo che senso abbia venire su questa collina per controllare da mezzo chilometro di distanza il passaggio dei bambini. Se dovesse succedere qualcosa l'unica cosa che potremmo fare è stare a vedere i bambini che scappano gridando e prendere nota dell'ora a cui ciò succede. Eppure mi pare che anche agli americani vada bene così. Me ne farò una ragione.
Le gazzelle non sono l'unica presenza selvaggia che ho incontrato in questi giorni. Quasi ogni giorno vedo qualche lepre che all'ultimo momento schizza di corsa fuori dalla sua tana quando mi avvicino. L'altro giorno, intanto che cercavo i pastori ho intravisto una coppia di volpi. Lo stesso giorno ho incontrato un rettile che saltava da una roccia all'altra con un forma tra il camaleonte e il varano piccolo. Le più graziose però sono queste piccole gazzelle che vanno a gruppetti pronte a fuggire al primo segno di pericolo.
Anche oggi abbiamo dovuto chiamare per richiedere la scorta che non arrivava. I bambini erano 11, preceduti di poco sul passo da due greggi e una coppia di cammelli.
Al summer camp oggi è stato giorno di grande trasgressione. Alla fine come al solito i ragazzi si sono messi a ballare la “dabke”, la danza guerriera che viene riproposta ad ogni occasione, ma questa volta prima hanno invitato anche noi maschi internazionali e poi, incredibile a dirsi, le ragazze si sono date la mano e hanno invitato le donne internazionali. Così, usando gli internazionali come scusa, è stato scardinato il tabù che prevede che solo i maschi possono danzare la dabke mentre le donne stanno a guardare cercando di trattenersi a dal muoversi a ritmo di musica. Ma il massimo si è raggiunto quando maschi e femmine si sono trovati a danzare di fronte. Le ragazze erano radiose e continuavano a ballare nonostante avessero il velo attorno ai capelli completamente madido. Ad un certo punto i piccoli di Tuba, stufi di stare a guardare, ci hanno chiesto di ripartire e così abbiamo lasciato i più grandi ad intrecciare sguardi e strette di mano un po' proibite.
Al gate i bambini erano 12, uno più di  stamattina. Mistero. La scorta era di nuovo in ritardo ma la cosa bella è stata che quando hanno riconosciuto il soldato presente, i bambini ci hanno chiesto la bottiglia dell'acqua che si sono fatti riempire dalla tanichetta che usano i soldati della jeep. Noi, malfidenti, abbiamo subito pensato potesse essere avvelenata, ma poi il soldato, dopo aver riempito la bottiglia, ne ha bevuto anche lui e ci siamo rassicurati. Fra era stupito di tale gesto di gentilezza, io ogni giorno di più mi domando che cosa passi per la mente delle persone che vivono in questo posto.
Uno dei passeracei che erano nel nido i cui genitori ci svegliano con un gran baccano la mattina è caduto dal nido. Non sa ancora volare, dopo poco arriva a terra. Quando è arrivato, un passero adulto è andato a sfamarlo anche da per terra. Ho provato a rimetterlo in alto in modo che non se lo mangi qualche gatto. E' lì, si è messo in bilico su un travetto del tetto. Il passero adulto si è di nuovo messo a dargli da mangiare nonostante lo avessi toccato io, ma non sono sicuro che sopravviverà..
Prima di cena arriva Sam con una focaccia alle cipolle squisita che ha recuperato da qualche abitante del villaggio. E' la cosa più vicina alla focaccia con le cipolle genovese che io abbia mangiato. Solo che qui non è fatta al forno ma su lamiere scaldate al fuoco di legna.

Etichette: , ,